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L'avverbio
Nella lingua italiana, le parole costituenti le parti variabili del discorso, per la precisione quelle che servono a precisare circostanze e modi di un determinato stato o di un evento, e che alterano, nella maggior parte dei casi, il significato di alcune parole, sono avverbi.
In grammatica, l'avverbio modifica e integra il significato di un verbo, principalmente.
Es: suona meravigliosamente la chitarra.
L'avverbio è meravigliosamente, che si riferisce alla parola suona, che è un verbo.
Non sempre, però, l'avverbio è usato per modificare un verbo: può essere affiancato ad altri avverbi o aggettivi, arricchendone o trasformandone il significato.
Es: Miriam è molto intelligente.
Intelligente è aggettivo, molto è l'avverbio che ne modifica il significato.
Es: Luca ha imparato a scrivere molto precocemente.
In questo caso, la stessa parola, molto, è avverbio in funzione di un altro avverbio: precocemente.
Vediamo, invece, come l'avverbio può integrare il significato di un'intera frase:
Es: Ma sì che vengo!
È indubbio che, piuttosto di un semplice “vengo!”, l'intera proposizione così formulata, grazie al “sì” che ha funzione di avverbio, sia più forte ed espressiva.
Possiamo considerare avverbi anche alcune locuzioni, quindi dette “avverbiali”, in quanto espressioni formate da più parole aventi il medesimo significato di un normale avverbio.
Queste, dunque, dell'avverbio assolvono identica funzione, pertanto, dove avremo parole come molto, poco, troppo, vi saranno in egual misura locuzioni quali all'incirca, né più né meno, ecc.
Ma vediamo il tutto nello specifico.
Da un punto di vista formale possiamo distinguere due “classi” di avverbi, quella lessicale e quella derivata: con avverbi lessicali indichiamo parole che non derivano da altre (presto, bene, male, sempre, ecc. ) mentre con avverbi derivati intendiamo il contrario e quindi parole derivanti da altre, il cui processo di formazione, nella lingua italiana, vede l'apposizione del suffisso -mente per gli aggettivi (attentamente, brevemente, comodamente, ecc. ) oppure -oni, direttamente alla radice di un sostantivo o di un verbo: ciondoloni, bocconi, ecc.
Sulla base della funzione che svolgono all'interno dell'enunciato, identifichiamo alcuni avverbi per il modo con cui indicano l'azione compiuta, per il tempo e luogo in cui la collocano; altri per l'opinione espressa sulla parola che affiancano. Per questo distinguiamo:
- avverbi di modo o maniera, che precisano il modo in cui avviene l'azione, e sono:
in -mente = brevemente, gentilmente, ecc;
in -oni = cavalcioni, carponi, ecc;
quelli aventi la forma di aggettivi al maschile = forte, chiaro, alto, ecc;
altri = bene, male, volentieri, purtroppo, ecc;
locuzioni corrispondenti comprese (di corsa, più piano, più alto, ecc. );
- avverbi di tempo, che specificano il momento in cui si svolge l'azione:
ieri, oggi, frequentemente, subito, prima, finora, ecc.
e locuzioni corrispondenti: all'improvviso, per tempo, prima o poi, ecc;
- avverbi di luogo, che precisano il luogo in cui l'azione avviene:
lì, qui, giù, dietro, sopra, altrove, presso, vi, ci, ecc;
e locuzioni corrispondenti: di là, di qua, di sotto, ecc;
- avverbi di quantità, che esprimono in maniera vaga una determinata misura:
appena, molto, abbastanza, alquanto, meno, ecc;
e locuzioni corrispondenti: all'incirca, di più, di meno, ecc;
- avverbi opinativi, che esprimono, ovvero, un'opinione, e possono essere:
di affermazione = certo, sicuro, indubbiamente, ecc;
di negazione = no, né, nemmeno, neppure, ecc;
di dubbio = probabilmente, forse, chissà, magari, ecc;
le locuzioni, rispettivamente, saranno: di sicuro/nemmeno per sogno/quasi quasi, ecc;
- avverbi interrogativi, i quali, all'interno dell'enunciato, presentano una domanda:
quanto?, dove?, perché?, ecc;
e locuzioni corrispondenti: da quanto?, da dove?, ecc.
Alcuni avverbi hanno funzione focalizzante, cioè quella di trasformare una parte della frase in corrispondenza della struttura informativa dell'intera proposizione; di questa categoria fanno parte gli avverbi anche, perfino, solamente, addirittura, ecc. Su questi avverbi si focalizza l'importanza dell'enunciato.
Come gli aggettivi, anche gli avverbi hanno dei gradi comparativi :
- di maggioranza: si forma premettendo più al grado positivo dell'avverbio (Es: lentamente - più lentamente);
- di minoranza: si forma come il primo, ma premettono meno al posto di più (meno lentamente);
- di uguaglianza: premettendo le parole tanto o così oppure posponendo come o quanto (così lentamente come/tanto lentamente quanto);
e superlativi:
- assoluto: si forma aggiungendo il suffisso -issimo o -issimamente al grado positivo (Es: velocemente – velocissimo/velocissimamente);
- relativo: si forma anteponendo al grado positivo la locuzione il più e posponendo il termine possibile (il più veloce possibile).
Gli avverbi, ancora come gli aggettivi, sono soggetti ad alterazioni diminutive (bene/benino), vezzeggiative (male/maluccio), accrescitive (bene/benone), peggiorative (male/malaccio).
Confondere gli avverbi con preposizioni, aggettivi, pronomi e congiunzioni è uno dei rischi maggiori che si possano correre nell'interpretare i vari elementi del sistema linguistico italiano. Per distinguerli, ci basterà ragionare sul fatto che:
- gli aggettivi, a differenza degli avverbi, concordano sempre in genere e numero con il sostantivo che accompagnano;
- gli avverbi non collegano più elementi, come fanno le congiunzioni, ma fanno riferimento a un elemento soltanto per volta;
- le preposizioni concorrono sempre alla formazione di un complemento linguistico, introducendo un pronome o un sostantivo;
- le particelle ci, vi, né, posso essere distinte dai pronomi quando indicano uno stato o un moto a luogo: in quel caso sono avverbi.
Abbiamo visto come, nella grammatica italiana, gli avverbi ricoprano un territorio vasto e vario e riescano a integrare parti del discorso determinando quello che sarà poi il significato finale dell'enunciato. Usati in ambiti circostanziali, dove si occupano di integrare la relazione tra soggetto e predicato; in concomitanza di sintagmi aggettivali o avverbiali, fornendo e modificando il quadro spazio-temporale della frase in cui l'azione è collocata, manipolando concetti di modalità, quantità e volontà. Elementi eterogenei del discorso, diversamente applicabili per avere, ogni qualvolta, una resa diversa del messaggio esposto.