Come scrivere un romanzo

come scrivere un libro, come pubblicare un romanzo

Forse sono anni che scrivete solo racconti brevi e poesie, quindi ora avete deciso che è giunto il momento di cimentarvi con qualcosa di più impegnativo, quella che può considerarsi, a ragione, la vetta per ogni scrittore: scrivere un romanzo. Racconti e poesie possono essere molto brevi, anche poche righe, pertanto quasi tutti siamo in grado di scriverne, non ci vuole poi molto. Un buon risultato non è certo garantito, ad ogni modo, da un punto di vista puramente formale, avrete comunque scritto un racconto o una poesia, magari anche di pessima fattura, persino sgradevole, ma pur sempre racconto e poesia possono definirsi. Nel romanzo non è così. La storia deve reggere, dovete fare calcoli ben precisi, altrimenti il risultato finale non sarà un romanzo, ma un minestrone riempito di verdure che non c’entrano nulla, oppure insipido o peggio ancora nocivo. Vediamo nel dettaglio in cosa consiste questa complessità nello scrivere un romanzo, e soprattutto quali sono le regole alle quali dovrete prestare particolare attenzione.
Quando si deve creare un romanzo, è necessario essere molto accurati e rigorosi, dimenticare alle volte anche le proprie emozioni e fantasie, metterle un attimo da parte, per poi ovviamente riprenderle in seguito. Mi spiego meglio: finché si tratta di scrivere dei semplici racconti brevi, potete tranquillamente lasciarvi andare, farvi guidare semplicemente ed unicamente dal vostro estro creativo, senza preoccuparvi molto di eventuali e vessatorie regole da seguire. In buona sostanza, nel racconto breve conta molto, anzi è indispensabile, avere una formidabile fantasia, una mente profonda e un animo sognatore, questo può bastare. Ad esempio Raymond Carver sosteneva di non conoscere mai il finale di un suo racconto prima di iniziare a scrivere: un’idea gli ronzava per giorni nella testa, e durante la stesura del racconto stesso decideva il finale. Ma stiamo trattando di racconti brevi, nei quali anche se doveste commettere un qualche errore di contenuto non vi sarebbe molto problematico sistemarlo, data appunto la brevità della storia e la sua conseguente minor complessità. Invece nel territorio impervio del romanzo, allora vi dico che purtroppo le regole da seguire ci sono, non se ne può fare a meno. Ma procediamo con ordine.

Per prima cosa, e intendo prima ancora di mettervi al computer a scrivere, rispondete con assoluta sincerità alle seguenti domande:


A quale genere letterario apparterrà il mio romanzo? (fantasy, horror, sentimentale, ecc.)
A chi sarà principalmente indirizzata questa mia opera? (adolescenti, adulti, gente comune, pubblico colto, pubblico di esperti in un settore, ecc.).
L’idea che sta alla base di questo mio romanzo, è originale, costituisce una vera novità oppure è stato già scritto qualcosa di simile? (ovvio che non avrete mai la certezza assoluta che non sia stato pubblicato nulla di simile, non potete conoscere tutti i libri pubblicati, ma se la vostra storia parla di un principe che rinuncia al trono per sposare una donna del popolo, beh, pare chiaro che come idea tanto nuova non è).

Con questa mia opera, posso realmente apportare un mio utile contributo al panorama letterario italiano?

Ho le capacità per scrivere da solo questo genere di romanzo, oppure ci sono argomenti per i quali necessiterò di aiuto e consulenza?

Rispondendo con sincerità a queste domande, vi costruirete le fondamenta di tutta la vostra opera. Fondamenta che dovranno essere forti abbastanza per sostenere tutto il peso di una trama spesso molto complessa ed elaborata. Senza basi solide, non si va avanti e tantomeno si arriva al traguardo finale.
Fatto questo, è arrivato il momento di iniziare a scrivere, tuttavia, anche qui, la calma è d’obbligo:
anche se la vostra foga creativa è alla massima potenza, e siete bramosi di riversare su carta il torrente di idee ed emozioni di cui siete vittime, è bene darvi un’ulteriore bella calmata e considerare quanto segue, onde evitare di ritrovarvi con duecento pagine da buttare e un romanzo che andrebbe riscritto da capo. Prima di iniziare a scrivere, sarebbe opportuno crearvi una piccola scheda descrittiva dei vostri personaggi, o almeno del protagonista, per evitare di confondervi durante la scrittura e per avere sempre un punto di riferimento mentre state scrivendo.

Ad esempio, potreste farvi una scaletta del genere, da ampliare e modificare in base al tipo di storia che state narrando:

il protagonista del mio romanzo...

Quanti anni ha?
Che lavoro fa?
Qual è la sua situazione economica?
È sposato? Ha una compagna/o? Ha figli?
Com’è il suo carattere (timido, aggressivo, generoso ecc.)?
Il suo orientamento politico?
Di quale fede è, se ne ha una?
Quali sono i suoi interessi e hobby?
Com’è stata la sua infanzia: normale, disagiata, molto bella?
Che tipo di rapporti ha con l’altro sesso?
In genere, come viene visto e considerato dagli altri?
Ha dei sogni, ideali o ambizioni nella vita?
Che cosa adora di più?
Cos’è che gli dà maggiormente fastidio?

 

Pensate bene se, per scrivere il romanzo, volete utilizzare la prima persona, la terza persona o il narratore “onnisciente”.

La prima persona

La prima persona è molto utile in caso vogliate scrivere una storia caratterizzata da una forte intensità emotiva, nella quale il lettore deve partecipare attivamente alle emozioni del protagonista, e deve sembrare che il personaggio principale si stia rivolgendo direttamente al lettore, che gli stia parlando. Oppure, nel caso di romanzi autobiografici o semi-autobiografici, o comunque molto sentiti dallo scrittore, nei quali voi stessi non vi trovereste in armonia ad usare una tecnica di scrittura differente dalla prima persona, perché non riuscireste ad esprimere al meglio tutte le vostre idee. C’è da dire, che in effetti l’uso della prima persona rende in genere molto più semplice scrivere un romanzo, perché ci si può concentrare su quello che si sente di voler dire, quasi foste voi stessi a pensarlo (e spesso è così) senza preoccuparsi troppo di immedesimarsi in un altro carattere e dover quindi scrivere in tempi non consueti da usare. È chiaro che quando raccontiamo una storia a qualcuno verbalmente o comunque gli stiamo parlando, questo avviene quasi sempre usando la prima persona.

La terza persona

La terza persona viene usata per dare dei connotati meno intimistici al romanzo, per porre un certo distacco tra lo scrittore e il protagonista. Per staccare il personaggio principale dalle idee dello scrittore stesso, oppure se non si vuole che ci sia troppo spazio per dei sentimenti interiori del protagonista, che magari emergerebbero in maniera spropositata con l’uso della prima persona. Ad ogni modo, l’uso della terza persona non esclude affatto un viaggio introspettivo nell’animo del protagonista, ma rende questo più facoltativo. Altro particolare di rilievo con l’uso della terza persona, è la possibilità di non concentrarsi troppo su un solo personaggio, di guardare sì la storia dal suo punto di vista, ma senza che il romanzo diventi ossessivamente concentrato su quel personaggio. È una libera scelta dell’autore, che dipende molto dalla storia e dal genere di romanzo che si vuole scrivere, oltre che dai propri gusti e dalle proprie capacità personali.

Il narratore onnisciente o esterno

Il narratore “onnisciente” è forse la migliore delle tre, ma anche qui, dipende molto da ciò che si ha intenzione di scrivere. Con questo tipo di narratore, lo scrittore diventa un piccolo personaggio intrusivo che mai apparirà nel romanzo stesso, il quale però saprà tutto e di tutti. Quindi, non solo potrà entrare nella mente del personaggio principale, ma anche di tutti gli altri presenti nella storia.
Questo, inutile dirlo, presenta dei grossi vantaggi, con il narratore esterno che potrà gestire a suo piacimento le apprensioni e i sentimenti di tutti i suoi personaggi, conoscendone vita, morte e miracoli (occhio però alla scheda descrittiva iniziale, altrimenti andrete al manicomio e ci manderete anche i vostri futuri lettori!).
Questo, in buona sostanza, è il primo dilemma che sarete chiamati a risolvere: quale punto di vista dovrà avere la vostra storia? E soprattutto, perché? Non scegliete a caso, pensateci bene, è di estrema importanza, dovete scrivere un romanzo, non un raccontino breve, ogni vostra scelta, ogni particolare e dettaglio che deciderete o meno di includere, deve avere un suo perché ben preciso, deve essere motivato non dal caso, ma da ragioni che vi sono ben chiare. Se le fondamenta del vostro romanzo saranno buone e salde, anche tutta la restante storia lo sarà.

Tipologia di lettore

Ponderate attentamente, ancor prima di cominciare il vostro romanzo, a chi si deve rivolgere il libro che avete intenzione di scrivere, ossia a quale fascia di lettori andrà indirizzato. Questo è un dettaglio molto importante che spesso viene tralasciato: non si può scrivere per tutti, non è possibile che un qualsiasi prodotto dell’arte si adatti a tutti i gusti, ci saranno sempre delle tipologie maggiormente attratte, questa è la chiave per avere successo. Se farete un qualcosa di non ben definito, non accontenterete tutti, al contrario, renderete tutti quanti scontenti. Fate delle ricerche di mercato, aiutandovi con internet. Cercate di capire, in caso il vostro romanzo sia ad esempio destinato ad un pubblico di giovani, cosa cercano nella lettura i ragazzi e le ragazze italiane, i loro gusti, cosa piace loro trovare scritto. Leggete sondaggi, documentatevi sulle loro mode, idoli, gusti e ideali, questo renderà la vostra opera più attuale, gradevole e soprattutto conforme al tipo di lettore a cui vi state rivolgendo.

Come impostare un lavoro di editing su un romanzo

Da quanto abbiamo visto finora, si potrebbe anche dire che, in pratica, l’editing, consiste in una lettura. Una lettura che deve essere professionale, critica, approfondita, simpatetica. Anzi, per la precisione, consiste in un indefinito numero di letture che procedono per strati e, in questo senso, potremmo definire l’editor come un “lettore speciale” dell’opera che la prepara ad affrontare altri lettori. Non solo. L’editor è anche il “personal trainer” dell’opera, la cura e si preoccupa di darle una forma il più possibile perfetta ma, come abbiamo visto, è anche una sorta di “psicanalista”, dal momento che il suo compito consiste anche nell'aiutare un’idea a esprimersi nella maniera più efficace possibile. Figura camaleontica, l’editor è, alla fine, una sorta di alter ego dell’autore che però conserva il distacco necessario e la lucidità determinanti per operare sul testo.
Mettendo a disposizione dello scrittore tutte le sue competenze e la propria sensibilità, questo professionista deve controllare attentamente tutti quegli errori comuni (e molti altri) che, abbiamo visto, ricorrono frequentemente nella maggior parte dei manoscritti e che ne possono inficiare le possibilità di pubblicazione.
Ma come si imposta un lavoro di editing? Che cosa guarda un editor quando legge un testo di narrativa?

Generalmente si procede a una prima lettura emotiva del testo su cui l’editor si misura come lettore tout-court. Si tratta di una scorsa rapida, necessaria per avere un’idea d’insieme dell’opera, per capire gli intenti dell’autore e coglierne lo stile.
Si procede poi a un più approfondito esame del testo che si configura proprio come un’immersione. Occorre, dunque, un’altra lettura, la seconda, per “ascoltare” il testo, analizzarne la struttura, ma nello stesso tempo intercettarne le inesattezze “soggettive” , quelle cioè che attengono più alla sensibilità dell’editor, che a parametri prestabiliti. In questa fase, l’editor può suggerire di migliorare le scelte stilistiche (gli stili che donano tristezza o realismo, gioia o ansia, per esempio, necessitano di modalità di prosa distinte) a seconda del genere narrativo scelto dall’autore e di apportare tagli o integrazioni, suggerire possibili migliorie nell’organizzazione delle scene al fine di rendere più armonico ed equilibrato il testo, evidenziandone i difetti, i momenti di minore tenuta, nonché intuirne le eventuali potenzialità inespresse.
In sostanza, in questa lettura si racchiude un po’ la funzione stessa dell’editor, professionista esperto, consapevole dei criteri redazionali e delle tecniche di scrittura e narrazione, il cui compito è di affinare il livello di comprensibilità di un’opera, ottimizzandone al massimo le potenzialità narrative e stilistiche.

Occorre poi almeno unaltra lettura, per così dire più meccanica, per individuare le inesattezze “oggettive” dell’opera. In questa terza fase l’editor lavorerà prima di tutto sulla coerenza nelle sue forme multiple: della trama, dei personaggi, delle scene, dei dialoghi. Dovrà quindi addentrarsi nelle profondità dell’intreccio andando a operare su eventuali salti narrativi, trame secondarie incompiute, finali incongruenti, sub-personaggi inutili o che scompaiono, individuando il o i climax e rendendo la storia quanto più assemblata al culmine della narrazione. Ma il suo lavoro non finisce qui.

L’altro importante aspetto da verificare è la sintassi, e quindi punteggiatura,consecutiotemporum, ritmo della narrazione, ortografia: compito dell’editor è quello di strutturare al meglio la sintassi,  con una resa armonica rispetto allo stile, all’evoluzione dei personaggi e della storia, al linguaggio nei dialoghi. Certamente poi, un elemento imprescindibile in questa operazione di “restyling” è il lessico: qui occorre prestare attenzione all’uso di termini inesatti, sovrabbondanza di aggettivi o avverbi, all'uso di sinonimi.
Vadettoanchecheesistonolivellidieditingpiùstrutturali (questo accade soprattutto nelle case editrici): per esempio, se un autore scrive che un concetto rimanda  alla Fenomenologiadellospirito di Hegel, toccherà all’editor verificarlo nell'espletamento di uno dei suoi molteplici compiti, il controllo sulla veridicità dei contenuti.

Alla fine, un cliente potrebbe essere preoccupato di trovarsi un testo assai differente da come lo ha consegnato ma, generalmente, l’editor indica sul testo i suggerimenti all’autore in diversi modi: colorando parti di esso, inserendo commenti laterali – sfruttando lo strumento “Revisioni” di Word, allegando commenti audio, ecc. Può accadere anche, a volte (difficilmente però con gli esordienti), che un autore abbia bisogno di un sostegno continuo nella scrittura, di un editing-affiancato: oggi esistono agenzie letterarie che affiancano costantemente l’autore affinché ogni avanzamento sia controllato e indirizzato.

Alla luce di tutto questo, possiamo dire che l’editor assomiglia molto al “buon lettore” di Vladimir Nabokov: deve avere disciplina e immaginazione, possedere, cioè, il rigore senza però smarrire il sentimento; la sua mente deve essere corrosa dal testo, scossa da quel “famoso brivido alla spina dorsale” di cui parla  lo scrittore russo. Senza quel brivido non c'è nessuna buona lettura. Nessun lettore. “Un buon lettore, un gran lettore, un lettore attivo e creativo è un "rilettore". La prima lettura comporta un lavoro fisico, serve soltanto a prendere familiarità con i contenuti del libro. Solo le letture successive permettono di goderne i particolari e di valutarlo artisticamente, perché l'idea complessiva del testo dovrebbe essere ormai chiara nella mente del lettore.”(VladimirNabokov,LezionidiLetteratura).

Come prepararsi all’analisi critica di un testo

Esistono alcuni prerequisiti essenziali per una valida analisi critica di un'opera letteraria di cui bisogna tenere conto anche nell'approccio al proprio testo: prima di tutto, occorrono una buona conoscenza letteraria e un discreto substrato di letture critiche; una capacità interpretativa personale, al di là delle tecniche più diffuse, e di controllo sulla propria scrittura a tutti i livelli (ortografico, sintattico, lessicale, stilistico, argomentativo).
Prima di andare a “scomporre” il testo secondo le più convenzionali tecniche di analisi intratestuale, è necessario fare una riflessione per così dire “intertestualeed extratestuale, cercando di collocare il proprio romanzo nel contesto situazionale (chi sono i destinatari dell'opera? Qual è il suo messaggio, lo scopo, la funzione? Cosa aggiunge al panorama letterario?), linguistico-letterario (come si inserisce l'opera l’opera all’interno della tradizione linguistica e del genere letterario cui appartiene, all’interno di eventuali codici culturali, ideologici e comportamentali e in confronto con la produzione di altri autori noti), e storico-culturale.

Una volta chiarito il contesto nel quale l'opera va a inserirsi, possiamo passare alla vera e propria analisi del testo che essendo un insieme strutturato di innumerevoli elementi, a questi dovremo porre attenzione nel nostro esame. Per condurre una lettura consapevole, il primo passo intelligente consiste nell'interrogare il nostro testo con lo scopo di indagare due aspetti importanti: checosadice e comelo dice. Ecco gli elementi da considerare:

  1. Individuazione e classificazione delle sequenze

Si individuano le sequenze del testo (una variazione di sequenza si ha in concomitanza dell'entrata o uscita di un personaggio, di un cambiamento di luogo o di tempo, del passaggio dal discorso diretto a quello indiretto e viceversa e del passaggio da enunciati descrittivi a enunciati narrativi e viceversa) distinguendole a seconda della tipologia (narrativa, dinamica, descrittiva, riflessiva, dialogica).

  1. Intreccio e fabula

Individuate le sequenze, possiamo osservare come queste si rapportano tra loro, ovvero come si articolano fabula (l’insieme degli elementi della storia nel loro svolgimento temporale lineare) e l'intreccio (l'insieme degli elementi della storia nella successione in cui l'autore li dispone. In particolare facciamo attenzione a quali tipi di sequenze prevalgono e di conseguenza quale carattere assume la storia, con quali legami sono collegate (causa-effetto, temporale, spaziale, per analogia), nel caso vi siano più storie come sono collegate tra loro (struttura a cornice, concatenazione, alternanza o parallelo, struttura a gradini, incastro).

  1. I personaggi

I personaggi (protagonista, antagonista, aiutante, oggetto) costituiscono un elemento fondamentale di un romanzo, per questo devono essere ben delineati attraverso una caratterizzazione che può essere di diversi tipi: fisica (sesso, aspetto fisico, abbigliamento, ecc.), psicologica ed emotiva (carattere, indole, sensibilità, sentimenti), comportamentale (abitudini, rapporti con gli altri, modo di muoversi, di parlare), socioeconomica (lavoro svolto, cultura, tipo di vita, aspirazioni) e ideologica (l’insieme di valori e idee in cui il personaggio si riconosce).
Ma come sono i nostri personaggi? Sono statici (durante lo sviluppo degli eventi non subiscono trasformazioni) o dinamici (capaci di forte evoluzione psicologica)? Come sono presentati (dal narratore, si mostrano da sé gradualmente, attraverso la descrizione di un altro personaggio)? Che tipo di rapporto c'è con l'autore (estraneità, ostilità, partecipazione, identificazione)?

  1. La dimensione spazio temporale

 

Tempo

La gestione del tempo narrativo è una delle variabili in grado di regalare, o di togliere, l'efficacia ad una narrazione ed è vincolata a doppio filo alla storia che si racconta, tanto da determinarne il ritmo e la capacità di coinvolgere il lettore. L’analisi del tempo concerne il periodo storico in cui si svolge la vicenda, deducibile da precise informazioni fornite dal narratore o individuabile mediante elementi interni al testo (eventi, abitudini, stili di vita, ecc.). Di solito la narrazione comporta un’estensione temporale diversa rispetto a quella dei fatti raccontati: l’arco di tempo reale degli avvenimenti (tempo della storia), cioè, non corrisponde al tempo che nel racconto è dedicato all'esposizione degli stessi (tempo del racconto). Per gestire il tempo narrativo, un autore ha a sua disposizione diversi "strumenti":
Pausa: la storia è ferma, perché il narratore indugia in riflessioni o descrizioni: quindi il tempo del racconto è maggiore del tempo della storia.
Scena: Il tempo del racconto è uguale a quello della storia: questa perfetta coincidenza si riscontra nelle parti dialogate.

  • Sommario: il tempo del racconto è minore del tempo della storia: il narratore riassume gli avvenimenti.
  • Ellissi: Il tempo del racconto si annulla perché il narratore omette alcuni elementi della storia.

 

Spazio

La descrizione dei luoghi, sia interni che esterni, consente al lettore di definire l’ambiente in cui si svolge la vicenda e può rivestire una funzione di semplice ambientazione (sfondo neutro) ma anche una funzione narrativa o simbolica, può essere filtrato attraverso la coscienza dei personaggi che istituiscono una corrispondenza tra la propria condizione esistenziale e il paesaggio in sintonia o in contrasto con il loro mondo interiore. Possono inoltre esserci eventuali collegamenti tra situazioni (di tensione, gioia, aspettativa) e spazi, relazioni tra luoghi e personaggi (come i personaggi vivono il luogo).

 

5. Modi della narrazione
Per analizzare come viene presentato il testo occorre soffermarsi sulle tecniche narrative utilizzate, costituite da scelte di tipo stilistico e linguistico che vanno a toccare quattro aspetti fondamentali (narratore, parole e pensieri dei personaggi, registri e struttura dei periodi).

 

a) Narratore:
Il narratore è colui che racconta la storia e può essere:

  • esterno (eterodiegetico) rispetto alla storia raccontata (usa la terza persona singolare). È pura voce narrante e, come tale, può presentare la storia in modo oggettivo (se non interviene nella narrazione) o soggettivo (se inserisce nella narrazione commenti, valutazioni e giudizi);
  • interno alla storia (usa la prima persona): può coincidere con il protagonista (autodiegetico) o con un personaggio testimone (allodiegetico).

In particolare, l’angolazione con cui il narratore racconta la vicenda si chiama focalizzazione e ne esistono di tre tipi:
-    Focalizzazione zero. Si ha quando il racconto è condotto da un narratore onnisciente (che conosce anche i pensieri e i sentimenti dei personaggi) e spesso anticipa il futuro.

  • Focalizzazione esterna. Qui a parlare sono i fatti. È il punto di vista di un narratore esterno che non si lascia coinvolgere nella narrazione, ma si limita a registrare solo ciò che vede in un determinato luogo o momento, senza esprimere giudizi (ad esempio nei romanzi polizieschi).
  • Focalizzazione interna. È il punto di vista di un narratore interno (il protagonista o un altro dei personaggi) che presenta la vicenda in base alla sua particolare ottica, secondo una prospettiva parziale e soggettiva.

b) Parole e pensieri dei personaggi
In base alla focalizzazione, prevarrà il discorso indiretto se il narratore è onniscente, quello diretto (in diverse forme: dialogo, soliloquio o flusso di coscienza) se la focalizzazione è esterna, e il discorso indiretto libero se la focalizzazione è interna.

  • Registri

Che tipo di lessico si è scelto di utilizzare? Un registro aulico-solenne (sintassi molto elaborata, vocaboli colti e ricercati), formale (sintassi elegante ma senza eccessi e lessico studiato ma sobrio), medio-comune (sintassi e lessico corretti ma non particolarmente eleganti), realistico-colloquiale (sintassi tipica del parlato, lessico che a volte si avvale di termini gergali o dialettali)? Il registro attribuito a ciascun personaggio è coerente con la sua caratterizzazione?

d) Struttura dei periodi
Il modo di costruire le frasi costituisce un elemento fondamentale dello stile di un autore e influisce sul ritmo narrativo. La velocità o la lentezza del periodare è data dalla lunghezza o meno delle frasi e delle pause create dalla punteggiatura. Se la sintassi è semplice e il periodo strutturato su frasi per lo più brevi, accostate tra di loro da una virgola o da una congiunzione si ha la paratassi che determina un ritmo narrativo stringato e veloce. Se invece la sintassi è elaborata e presenta frasi lunghe e complesse, costituite da proposizioni principali dalle quali dipendono varie proposizioni secondarie si ha l'ipotassi, per un ritmo narrativo più lento.

Gli errori più comuni

Personaggi che cambiano nome, passaggi lasciati nella propria testa, mancanza di coerenza. Sono questi gli errori più comuni di tanti scrittori, o aspiranti tali, che campeggiano spavaldi nella prima stesura di quasi tutti i romanzi. Sono le pecche più frequenti, a volte grossolane, quelle che se arrivano sul tavolo di un editore compromettono fin da subito la pubblicazione di un manoscritto. Vediamole più nel dettaglio:         

Personaggichecambianonome. A volte succede che Emanuele diventi Manuele, o che Roberto si trasformi in Alberto nel corso dell’opera. Oppure, ancora peggio, capita che l’autore scelga il nome di un personaggio e poi a metà libro decida di cambiarlo e se, non è attento nella sostituzione, può lasciare entrambi i nomi sparsi tra i vari capitoli, creando una gran confusione.

Mancanza di coerenza. In un testo di  200 o 300 pagine non è facile tenere a mente se la sorella del protagonista che in una scena si trova alla guida di una cabriolet sul lungomare della Versilia, in realtà in quell’istante dovrebbe trovarsi nel centro di Roma, oppure le è stata ritirata la patente, o peggio ancora il protagonista è figlio unico...

Verosimiglianza. Il meccanismo narrativo deve soddisfare prima di tutto la cosiddetta “legge sulla credibilità”, restando fedele alle regole implicite a esso stesso sottese. In pratica il lettore deve “stare al gioco”, accettando con una sorta di “atto di fede” la storia descritta nel testo che legge. Samuel Taylor Coleridge nella sua BiographiaLiteraria ha riassunto questo atteggiamento in una frase perfetta: “la fede poetica consiste in un momento di volontaria sospensione dell'incredulità.” In un'autentica esperienza letteraria, infatti, il lettore sospende volontariamente la sua incredulità razionale, immergendosi pienamente nel mondo fantastico di una storia, quando questa è raccontata secondo le sue leggi interne di credibilità. Quando però la narrazione finisce in un vicolo cieco da cui l'autore stesso non sa come uscire se non tramite qualche artificio improbabile e inverosimile, o quando le azioni o i pensieri di un personaggio appaiono illogiche (non nel confronto con la realtà ma con le regole che lo scrittore stesso impone nella narrazione), tutto questo crolla perché il lettore si sente “tradito” e quindi quel testo non funziona.

Mancanza di passaggi chiave. È molto più frequente di quanto non si pensi che, preso dalla propria foga creativa, l’autore perda il filo logico di ciò che vuole narrare e la storia gli “sfugga di mano”. Per lui, ovviamente, tutto apparirà comunque perfettamente comprensibile, in quanto, mentalmente, potrà auto-fornirsi qualsiasi tipo di spiegazione. La mancanza di passaggi chiave che sono rimasti nella sua testa, invece, sarà subito evidente agli occhi del lettore che capirà ben presto di trovarsi di fronte a una storia che non quadra. A quest'ultimo, infatti, arriva solo il messaggio che è scritto sulla pagina, non quello che l'autore “vorrebbe” scrivere.
Per questo, il consiglio è quello di rileggere il manoscritto con i suoi occhi, e non con i vostri, domandandovi se quel colpo di scena è veramente chiaro, o è chiaro a voi che sapete cosa succede dopo.

Ripetizioni. Può capitare anche la situazione inversa. A volte, se nella storia ci sono dei misteridarisolvere o dei colpi di scena, lo scrittore alle prime armi si perde in inutili ripetizioni (che annoiano il lettore) per paura di non essere stato abbastanza chiaro, quando invece è bene che il lettore, una volta che gli siano stati sapientemente forniti gli elementi, gli indizi essenziali, capisca ciò che deve capire al momento giusto, arrivandoci autonomamente.

Digressioni inutili. Se stiamo raccontando la storia di un efferato omicidio di una ragazza all’uscita di un locale di New York, perché soffermarsi a descrivere la ricetta dei pancake che il tassista che ha accompagnato la vittima al locale ha mangiato a colazione, se questo non è utile ai fini dello sviluppo della storia? È questo uno degli aspettiprincipali che fanno la differenza tra autori alle prime armi e autori esperti perché i primi scrivono di getto tutto quello che gli viene in mente, perdendo spesso il filo logico della narrazione, mentre i secondi sanno dosare sapientemente i dettagli che arricchiscono una storia distinguendoli da quelli inutili e ridondanti.

Sbilanciamento. Un perfetto equilibrio tra gli elementi di un romanzo è fondamentale. Ogni storia, di qualsiasi genere essa sia, dev’essere ben strutturata, gli elementi del componimento devono essere ben dosati. Purtroppo, invece, sono molti i testi che risultano sbilanciati se non addirittura tronchi: spesso si trovano descrizioni infinite e dialoghi  di poche, sterili battute con finali che non “fanno esplodere” la narrazione. Tutto questo vale ancor più nei gialli: se scriviamo una storia dell'orrore, non possiamo lasciare gli elementi "forti" solo alla fine del racconto, ma dobbiamo saperli distribuire sapientemente nel testo per rendere efficace l'effetto.

Erratasuddivisionedeicapitoli: Perché finisce il capitolo 1 e inizia il capitolo 2? A volte la suddivisione dei capitoli negli autori alle prime armi avviene in modo alquanto arbitrario: non è infrequente vederli passare a un nuovo capitolo quando non sanno più come continuare una scena e preferiscono passare ad altro.
In realtà, i capitoli stanno alle scene come i paragrafi stanno alle frasi. A parte ovvi criteri di proporzione (perché creare alcuni capitoli di 20 pagine ognuno e poi due di non più di 6 pagine?) secondo i quali la suddivisione in capitoli deve essere armonica ed equilibrata nel numero di pagine, in questa fase occorre considerare anche importanti criteri di organicità. Tra un capitolo e l'altro deve esserci un'interruzione dell'argomento in questione maggiore di quanto ci sia tra singole scene, oppure un'ellissi temporale più lunga o un cambiamento di luogo più importante. Oppure, se il protagonista è più d'uno o vi sono vari personaggi, si può dedicare a ciascuno di essi un capitolo, descrivendo così anche punti di vista diversi.