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Futuro semplice
Attraverso i tempi verbali appartenenti alla lingua italiana, possiamo collocare temporalmente gli eventi, che siano questi avvenuti in un epoca da definire, eventi contemporanei e attuali o ancora da verificarsi, quindi appartenenti a un futuro che non ci è dato conoscere.
Proprio per collocare gli eventi futuri, la morfologia ci offre una forma verbale in grado di definire un aspetto predicativo che indichi posteriorità rispetto al momento in cui l'enunciato ne faccia riferimento; questo, tra l'altro, è capace di distinguere tra azioni prossime allo svolgimento o azioni identificabili come anteriori, addirittura, a uno sviluppo posteriore dell'azione. Posteriore, come detto, rispetto al momento in cui la si enuncia attraverso un'unità elementare del discorso: una proposizione.
Approfondiremo, in questo paragrafo, la forma del futuro inerente fatti collocati a notevole distanza nell'arco di tempo dell'avvenire. Per far ciò, ci serviamo di un tempo verbale chiamato futuro semplice, che si cimenta a esprimere situazioni ed eventi in un certo senso approssimativi, incerti. Sostanzialmente, eventi ancora da svolgersi.
Per formarlo, aggiugiamo alla radice del verbo delle desinenze che si sostituiranno a quelle del verbo all'infinito -are (amare/amerò), -ere (correre/correrò), -ire (soffrire/soffrirò).
Alcuni mutamenti fonologici porteranno ad avere forme verbali coniugate con la perdita della vocale (avere/avrò invece di averò). Questo si verifica in quanto la e si trova davanti a una vocale accentata, la quale genera una forzatura che ne indebolisce automaticamente il tono e la induce a cadere.
Non unicamente per indicare eventi situati nell'avvenire usiamo il futuro semplice: nell'epoca attuale come in passato, utilizziamo questo tempo per avanzare delle supposizioni, dando luogo a una forma d'uso denominata epistemica: Lorenzo non era a casa: sarà ancora a scuola.
Riconducibile a quello epistemico per applicazione e adattabilità, l'uso dubitativo del futuro semplice si esprime indicando un semplice dubbio, un'insicurezza: sarà questo il film di cui parlavano alla radio?
Possiamo anche qualificare una situazione come vera, non riconoscendole comunque un particolare rilievo: sarà pure un bravo ragazzo, ma da come si comporta non si direbbe. Questo è definito un uso concessivo del futuro.
Può indicare un dovere e fungere così da imperativo: questo sabato metterai in ordine la camera. Applichiamo così la modalità deontica, con cui definiamo, oltre che un obbligo, un volere.
All'interno della categoria dei sette modi verbali della nostra lingua (Categoria di Modo), questa forma verbale figura soltanto nel modo indicativo; lo osserviamo coniugando il verbo scrivere:
Indicativo futuro semplice |
Potrete consultare gli approfondimenti su modi e tempi citati nelle rubriche dedicate.