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Passato remoto
Il passato remoto, allo stesso modo del passato prossimo, è un tempo verbale del modo indicativo che esprime un valore perfettivo, descrivendo gli eventi nella loro compiutezza, cronologicamente ben indentificabili, e l'arco temporale che definisce corrisponde ad un passato “definitivo”, che colloca l'evento in una dimensione temporale diversa da quella indicata nel momento dell'enunciazione (non vidi mai quel bambino).
Questa forma di passato, che, come la parola stessa ci dice, colloca periodi di tempo trascorsi, di certo non classificabili come “attuali”, si differenzia dal passato prossimo poiché, a differenza di questo, non si riferisce mai a contesti presenti o futuri: indica sempre un fatto avvenuto nel passato che il parlante avverte come concluso, giacché privo di corrispondenze con la contemporaneità (Stephen King nacque il 21 settembre 1947).
Questo tempo, che nell'enunciato indica eventi i cui effetti non hanno validità nel presente, è perlopiù usato alla terza persona singolare, poiché si presta, soprattutto, ai contesti narrativi come romanzi, fiabe, novelle: è il tempo della narrazione “formale”.
La coniugazione può essere regolare, sostituendo le desinenze dell'infinito (amare/amai, ricevere/ricevei, salire/salii) o prevedere dei casi alternativi, conferendo ad alcuni verbi delle forme doppie (ricevere = ricevei/ricevetti).
Sappiamo che le voci verbali della prima e della terza coniugazione sono in genere regolari, mentre sono irregolari quelle appartenenti alla seconda coniugazione.
Tali voci, vedranno forme di coniugazione alternate a seconda anche della persona interessata (nascere/nacqui, piangere/piansi).
Come non ricordare, tra i casi d'eccezione per la coniugazione di questo tempo, il fenomeno che vede raddoppiare la consonante finale della radice di alcune particolari voci verbali (volere/volli, sapere/sappi, bere/bevvi, rompere/ruppi, cadere/caddi, ecc.).
Non vi è una regola precisa che regoli la corretta alternanza tra passato remoto e passato prossimo: benché anche quest'ultimo indichi una certa lontananza dell'evento indicato rispetto al momento in cui lo si enuncia, è preferibile utilizzarlo per esprimere concetti temporalmente collocabili nella sfera dell'attuale. È alla percezione psicologia di ciascun individuo atto alla comunicazione che rimettiamo la scelta tra le due forme verbali: il contesto saprà riconoscere e distinguere una situazione “remota” da una “prossima”.
All'interno della categoria dei sette modi verbali della nostra lingua (Categoria di Modo), questa forma verbale figura soltanto nel modo indicativo; lo osserviamo coniugando il verbo scrivere:
Indicativo passato remoto |
Potrete consultare gli approfondimenti su modi e tempi citati nelle rubriche dedicate.