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Il plurale
Il plurale di marcia è marcie o marce? I nomi che terminano in –cia e –gia al plurale non voglio la i, se la c e la g sono precedute da consonante (pioggia, piogge; salsiccia, salsicce); se invece la c e la g sono precedute da una vocale, allora la i si mantiene nel plurale (ciliegia, ciliegie; camicia, camicie). Questa è la regola generale, anche se ormai sono largamente accettate, come conferma l’Accademia della Crusca, anche forme come ciliegie, valige e province.
Apro una parentesi, su uno dei dubbi più frequenti: arancio e arancia. Maschile è l’albero, femminile, il frutto. Sarà quindi: una piantagione di aranci, un piatto pieno di arance.
E il plurale di –io? No, non è noi! (perdonate la battuta). Le parole che terminano in –io, hanno il plurale con una sola i (olio, oli; vario, vari). La doppia "i" si usa solo per le parole con l'accento sull'ultima "i", come in "formicolìo", che fa "formicolìi".
Si dice archeologhi o archeologi? Le parole che terminano in -logo formano il plurale in due modi diversi, a seconda di ciò che indicano:
quelle che indicano cose, come monologo, epilogo, dialogo, hanno sempre il plurale gutturale, e quindi diventano monologhi, epiloghi, dialoghi.
quelle che indicano persone, come psicologo, archeologo, teologo, hanno sempre il plurale palatale: psicologi, archeologi, teologi.
Vediamo ora un altro tipo di plurale che crea spesso dei dubbi, quello dei nomi composti.
Se la parola è composta da due sostantivi, nel plurale cambia soltanto la desinenza del secondo termine: arcobaleno, arcobaleni; banconota, banconote; madreperla, madreperle.
Cambiano soltanto la desinenza del primo termine se sono di genere diverso: pescespada , pescispada.
Se la parola è composta da un sostantivo e un aggettivo, a cambiare la desinenza finale sono sia il primo che il secondo termine: cassaforte , casseforti ;terracotta, terrecotte .
(In questo caso c’è però un’eccezione in palcoscenico che fa palcoscenici)
Le parole formate da un aggettivo seguito da un sostantivo prendono il plurale solo nel secondo elemento (francobollo, francobolli; bassorilievo, bassorilievi).
Se la parola è composta da due aggettivi, cambia solo la desinenza finale del secondo termine:
pianoforte , pianoforti; chiaroscuro , chiaroscuri
Qualche eccezione con mezzo: mezzanotte, mezzenotti ; mezzobusto, mezzibusti .
I nomi composti con – capo non si comportano sempre allo stesso modo.
Se la parola capo significa 'colui che è a capo di qualcosa' riferito al genere maschile, al plurale cambia solo la parola capo: capostazione, capistazione; capoclasse, capiclasse.
Se il composto è di genere femminile e il nome capo si riferisce a una donna che è a capo di qualcosa, il plurale è invariabile:la caposquadra, le caposquadra; la capoufficio, le capoufficio. Se la parola capo indica inizio di qualcosa o posizione di preminenza', il plurale si forma modificando solo la desinenza del secondo termine: capodanno, capodanni; capoluogo, capoluoghi.
I verbi con la radice –gn
Si scrive Sognamo o sogniamo? La prima persona plurale dell’indicativo e del congiuntivo presente e della 2a persona plurale del congiuntivo presente di verbi con la radice –gn (accompagnare, bagnare, consegnare, sognare, vergognare), secondo la norma tradizionale, presentano la i nella desinenza (accompagniamo, consegniamo, sogniamo, vergogniamo). Precisiamo però che, col tempo, si è diffusa anche la grafia quella senza la i, che, in effetti, non serve per la pronuncia.
Conoscenza o conoscienza?
Il suffisso -sce non vuole mai la "i" (scelta, scena) tranne nella parola "scienza" e suoi derivati (scienziato); usciere e "coscienza" e derivati (incoscienza). La parola conoscenza deriva da conoscere e NON da scienza.
La doppia zeta
Le parole che finiscono in -zione e la maggior parte delle parole con –zia, -zio non si scrivono con la doppia zeta (eccezione, eccezionale, stazione; vizio, esercizio, emozione; ma pazzia). Quando la zeta è preceduta e seguita da vocale (prezzo, pozzo), nei verbi e negli aggettivi con suffissi –ozzo, - uzzo, -azzire, -ezzare, -izzire, e derivati (impazzire, stizzire, spezzare, organizziamo, ammazziamo), vuole invece la doppia.