Uso del punto fermo


 

Uno tra i segni d'interpunzione più utilizzati in grammatica è certamente il punto, anche detto punto fermo, un simbolo sulla carta quasi impercettibile che rappresenta una pausa lunga, il segnale che l'argomento precedente ha fine e ne inizia uno nuovo, ad esso non necessariamente collegato.



Vediamo nel dettaglio i contesti diversificati nei quali questo segno di punteggiatura può trovare ampia collocazione:

come abbiamo detto, il punto si può usare per mettere fine a un periodo, sostanzialmente a una frase di senso compiuto. Il punto occorre in questo caso tra due determinate porzioni di testo che non possono essere collegate da una pausa minore, come quella rappresentata dalla virgola o dal punto e virgola, l'una fin troppo breve e l'altra non abbastanza lunga per definire l'effetto desiderato.





Gli unici due segni di punteggiatura equivalenti al punto fermo in termini di brevità o lunghezza della pausa sono il punto interrogativo e il punto esclamativo, i quali determinano una fine netta del periodo che li precede.

Andare a capo dopo il punto è buona norma, nel caso si voglia introdurre un discorso in qualche modo distante dal precedente.

Es: Quando Guido tornava da scuola, trovava la nonna in cucina, tornata stanca dalla campagna come ogni giorno, e sul tavolo il solito cesto di vimini in cui riponeva la frutta raccolta.
L'autunno era alle porte, il sole era sempre più difficile da scorgere, tra le nuvole grigiastre che calcavano la scena.

 

Non necessariamente il punto deve separare due periodi lunghi, anzi, spesso è utilizzato per dar risalto a particolari incisi o brevi discorsi che, diversamente, quindi se isolati da una virgola o un altro tipo di pausa, perderebbero enfasi e incisività, tutte caratteristiche che il segno di cui parliamo può invece conferire.

Es: Non è andata come previsto: il pubblico era annoiato, troppo annoiato.

Se in una frase del genere, ad esempio, volessimo dare rilievo al fattore “noia”, basterà sostituire la virgola con il punto, e così facendo si può fare a meno della ridondanza, poiché il concetto viene accentuato dalla diversa pausa adottata, che dà un taglio più netto alla frase, così:

Non è andata come previsto: il pubblico era annoiato. Troppo.

 

Altro uso che si può fare del punto, in grammatica, sta nella determinazione di parole abbreviate:

per definire una sigla, ad esempio “c.a.p.” sta per “codice di avviamento postale”, “a.c.” per “associazione calcistica”, ecc;

o come simbolo convenzionale di abbreviazione, contesto nel quale può prevedere tre diverse applicazioni specifiche. Lo troveremo quindi nelle abbreviazioni:

  • per contrazione, sostituendo alcune lettere all'interno della parola in cui si colloca, dando vita così a due segmenti ad esso collegati (sig.ra, f.lli, ecc. );

 

  • per compendio, dove non vi sono lettere immediatamente consequenziali, determinando una vera e propria troncatura del termine (dott. , ing. , ecc. );
  • per sequenza consonantica, dove abbrevia un termine ponendosi immediatamente alla fine, la quale non è determinata dalla parola stessa bensì da un alternarsi delle consonanti al suo interno, la prima senza dubbio, e una delle seguenti, raddoppiata se al plurale (ps. , pagg. , ecc. ).

 

Quelli appena elencati rappresentano i vari utilizzi del punto in grammatica.

È bene ricordare però una regola fondamentale: dopo il punto ci va sempre la maiuscola.

 

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